Seminari di musica e canto
Le proposte dei workshop e dei seminari sono varie e servono da un lato a dare un sostegno didattico in più ai partecipanti dei corsi di musica e dall’altro ad offrire a musicisti, compositori, musicologi, studenti, critici musicali e appassionati di musica, l’opportunità di accostarsi a mondi e modi musicali diversi e spesso inusuali.
Saranno tenuti da musicisti in genere provenienti da altri paesi e sono strutturati per aree tematiche: la musica del mondo arabo e del vicino oriente, quella dell’estremo oriente, dell’Africa, del Brasile e dell’Argentina.
Una parte sarà anche dedicata all’approfondimento di tematiche musicali legate al rock, al jazz ed alla musica contemporanea.




Seminario di canto difonico
A chi si rivolge: cantanti, attori, musicisti, musicoterapeuti, praticanti di discipline orientali, ma anche a tutti quelli che vogliono sperimentare la propria voce e scoprire possibilità inaspettate.
Il canto difonico o canto biformantico (canto a due formanti) è una tecnica vocale caratterizzata dalla produzione congiunta di due suoni, l’uno chiamato suono fondamentale o bordone, che viene tenuto alla stessa altezza nell’arco di tutta un’espirazione, mentre l’altro, chiamato suono armonico (che è uno degli armonici naturali del suono fondamentale), varia a piacimento del cantore.
Ad oggi molti popoli utilizzano questo canto per recitare mantra (Tibet), per canti tradizionali e rituali (Russia zona degli Urali, Mongolia, isola di Tuva, Rajasthan, Africa del sud – popolazione xhosa).
Vi è una distinzione da fare: tra il canto difonico (canto che crea una melodia di armonici) e il canto a risonanza armonica (canto accompagnato a tratti da effetti armonici).
In alcuni tipi di canti in cui l’emissione delle vocali è molto risonante, ciò permette ai cantori di creare una seconda formante non intenzionale (il canto buddista giapponese shomyo, certi canti bulgari, certi canti polifonici dell’Europa dell’Est) o intenzionale (il fenomeno della quintina – la quinta voce virtuale risultante dalla fusione delle quattro voci del coro – nei canti sacri sardi).
Da alcuni anni si è creata una grande curiosità attorno a questa tecnica: che richiede altresì uno sviluppo delle capacità di attenzione e percezione e di conseguenza facilita gli stati di concentrazione e meditazione. Ultimamente ne viene consigliato l’utilizzo anche in musicoterapia.
Trainer: Tran Quang Hai
Seminario di Canto Indiano – Raga
A chi si rivolge: utile per gli attori ma anche per cantanti e musicisti.
Attraverso lo studio del canto indiano si ricerca la propria intonazione, si sperimenta la capacità di espansione timbrica della propria voce, si sviluppa la capacità di ampliare la portata e la risonanza della voce.
La base di tutto il sistema musicale indiano è costituito dalla musica vocale. Esistono stili assai differenti gli uni dagli altri. I principali sono il DHRUPAD, il KHYAL, il DHAMAR, la THUMRI ed il BHAJANA che si sono sviluppati soprattutto nell’India del Nord.
La musica indiana è di forma modale, cioè basata su un suono fisso ed invariabile che viene mantenuto come bordone durante tutta l’esecuzione.
Questo sistema modale si basa sui Rāga: “ciò che piace”, o “stato emotivo”. Ciascun Rāga ha una struttura ben precisa e la successione delle note che lo compongono è mirata a creare stati emotivi in relazione ai momenti della giornata. Esistono infatti Rāga dell’alba, del mattino, del mezzogiorno, del crepuscolo, del tramonto, della sera, della notte…
Il canto Raga ha infatti degli effetti sui canali sottili e sull’ intero organismo. Consente di lavorare su noi stessi e di ampliare la nostra capacità percettiva e di ascolto.
Nel canto indiano la voce deve potersi adattare al dialogo con tutti gli strumenti e nello stesso tempo essere precisa e flessibile soprattutto nell’uso dei microtoni (quarti o sedicesimi di tono).
L’emissione della voce è molto controllata e ciascun cantante deve essere in grado di coprire tre ottave passando dalla voce di petto a quella di gola.
Nel canto le parole hanno poco senso e spesso si utilizzano frasi ripetute o alcune sillabe convenzionali alle volte prive di senso, oppure ancora si usa improvvisare cantando i nomi delle note: Sa – Re – Ga – Ma – Pa – Dha – Ni.
Per accompagnare la musica vocale si utilizzano percussioni: Tabla, Pakhávaj, strumenti ad arco: Sarang, oppure la Tanpura ed alle volte anche il flauto.
È un processo creativo che si basa sul fatto che tutti i musicisti hanno il massimo di libertà di movimento ma all’interno di un sistema molto rigido. Bisogna infatti rispettare le note che compongono il Rāga senza utilizzarne altre ed essere in continuo ascolto per percepire ed interagire con i suoni degli altri strumenti.
Struttura, improvvisazione, emozione e creatività ma soprattutto ascolto: queste le basi del canto indiano…
Trainers: Beppe Grifeo, Tito Rinesi e Friedrich Glorian.